E’ uscito “VENTO DEL SUD”, il nuovo singolo della cantautrice campana SHARA e primo estratto dall’album “Vento del Sud”. Il disco, disponibile in digital download e sulle principali piattaforme streaming, segna il ritorno in Italia di Shara ed è stato interamente scritto e composto dall’artista stessa. Ecco l’intervista gentilmente concessa…
Il tuo nuovo singolo, “Vento del Sud”, fa parte di un ampio progetto artistico. Ce lo puoi illustrare?
“Vento del Sud” è un EP di 6 canzoni da me interamente scritto e composto, a parte la cover di Guardastelle del cantautore Bungaro, dove ho voluto risaltare e mettere in luce le molteplici eccellenze presenti nelle terre del Sud Italia, luoghi ricchi di storia, arte, tradizioni, cultura ed ovviamente buon cibo. Vento del Sud è parte di un ampio ed ambizioso progetto che ho concepito verso la fine del 2011, il Terronian Project, il quale aspira a valorizzare e promuovere i territori del Sud che sono spesso tenuti nell’ombra. Le registrazioni di Vento del Sud hanno avuto inizio nel Settembre del 2013 e sono terminate ad Agosto 2015. Gli arrangiamenti sono stati realizzati dal musicista e arrangiatore Pasquale Faggiano. Tra i musicisti che hanno suonato nelle canzoni ci tengo a ricordare alcuni nomi noti del panorama musicale italiano come il chitarrista Carlo Fimiani, il bassista Aldo Vigorito, il batterista Vittorio Riva, il bassista ed arrangiatore Gigi De Rienzo, il violinista Gennaro Desideri ed altri ancora. Per mantenere una linea di coerenza con l’intero progetto ho voluto che tutti i musicisti fossero di origine meridionale. L’unica eccezione che mi sono concessa è stata per il brano “Infinito sei” in cui la sessione orchestrale è stata interamente registrata alla Magyar Radio di Budapest con la Budapest Scoring Symphonic Orchestra.
C’è un filo comune che lega le canzoni del nuovo album?
E’ una mia caratteristica quella di creare un filo comune tra le canzoni, così come nella mia precedente produzione anche in quest’ultimo EP ho voluto mantenere questa linea.
Quanto conta la tradizione e quanto l’attualità, nelle canzoni del disco?
Tradizione ed attualità sono due elementi che si contrappongono, ma nelle canzoni contenute in “Vento del Sud” ho cercato un giusto compromesso per poter tenere il tutto in perfetto equilibrio. Mi è sempre piaciuto giocare con gli opposti, forse sarà l’influenza del mio segno zodiacale… i Gemelli! Questa caratteristica è presente anche nei video che ho realizzato per alcuni brani contenuti nell’EP, in essi ho voluto miscelare abiti, elementi e luoghi carichi di storia e tradizione con alcuni concetti ed outfit dei tempi attuali. Le immagini così come le sonorità mi aiutano a comunicare il mondo artistico che mi vive dentro, un luogo dove il presente ed il passato hanno sempre un punto d’incontro.
La musica pensi sia uno dei modi migliori per unire i popoli?
Assolutamente sì. Credo che questa sia anche la missione più importante affidata alla musica.
Da alcuni anni si parla di crisi del settore discografico… Pensi sia una crisi causata dal crollo delle vendite di dischi o anche che vi sia una carenza di cose nuove da proporre da parte dei vari artisti?
Credo che la musica di oggi sia lo specchio dei tempi che stiamo vivendo. Dato che essi ci manifestano una scarsità di contenuti dovuti anche al crollo di valori e modelli a cui poter fare riferimento sicuramente anche la musica ne sta risentendo. Nel mondo discografico si sente la mancanza di cose nuove ed interessanti proprio a causa di questa forte carenza culturale (in senso globale) che si sta ovviamente ripercuotendo su tutti i settori. Per questo motivo penso sia importante recuperare l’essenza delle nostre radici e delle nostre tradizioni per donare nuovamente valore alle cose, ai rapporti ed ottenere così la spinta giusta per riattivare l’intera economia che in pochi anni è calata a livelli disastrosi.
Tra le cose scaturite negli ultimi anni… c’è il senso di precarietà. E’ una cosa che riguarda anche chi, come te, lavora in ambito artistico?
Sì certamente, anzi, per chi lavora in questo ambito la precarietà è uno stato di cose con cui si è sempre costretti a convivere. E’ una condizione con cui non è che abbia gran piacere di andarci a braccetto, ma credo essa rappresenti una delle migliori sfide con cui un uomo possa misurare sé stesso in quanto attraverso le incertezze della vita si può spesso comprendere il vero valore dell’esistenza.
Oggi quali pensi siano le qualità che deve avere un giovane cantante/musicista, per farsi strada nel mondo delle sette note?
Di sicuro la personalità, la determinazione ed il coraggio. Alla base di tutto ci deve ovviamente essere il talento ed un forte spirito di sacrificio. Poi essenzialmente bisogna avere qualcosa da dire.
Per te, è stato difficile trovare chi credesse nelle tue qualità canore?
Più che in quelle canore nel progetto che portavo avanti. Il mio primo album è stato interamente scritto in lingua inglese e la cosa ha pregiudicato molto la possibilità di trovare qualcuno che potesse aprirmi una porta. Oggi canto in italiano ed il progetto che sto promozionando adesso sta suscitando molta curiosità sia per la tematica che tratta che per la veste che ho voluto dargli. Per un cantautore è però fondamentale riuscire a trovare lungo il percorso quella figura determinante che creda soprattutto nel messaggio che le sue canzoni vogliono trasmettere.
In molti artisti, il viaggio è fonte di ispirazione. Succede anche a te?
Sì. I viaggi per me sono una vera risorsa per le mie composizioni. Ogni luogo ha i suoi suoni e le sue note, a volte certi posti sento che addirittura mi richiamano quando sono presa da un determinato “mood”. Mentre ero in viaggio mi sono ritrovata diverse volte anche a scrivere delle melodie ascoltando il rumore del treno, è come se tutte le cose mi parlassero quando divengo una cosa sola con loro.
Pensi sia vero che nella musica “tutto è già stato fatto e detto”?
Qualche tempo fa un noto personaggio della discografia mi disse proprio questo: “Nella musica è già stato detto tutto, ma la cosa che ti contraddistingue è il modo in cui lo fai.” Per me quello fu un gran complimento perché in quel momento compresi che chi avevo davanti aveva capito il mio mondo. Prima di me c’era già stato chi a grandi livelli aveva trattato certe tematiche, in quel momento della mia esistenza aver avuto un riconoscimento da parte di chi lavorava ad alti livelli della discografia per me significò molto, soprattutto quando mi fu spiegato che il modo in cui avevo realizzato quei brani era tipico di chi vive la vita proiettato costantemente in un’ottica artistica.
Preferisci il lavoro in studio o l’esibizione “live”?
Il lavoro in studio e l’esibizione live sono due momenti diversi, ma molto importanti per la creatività di un artista. Amo il lavoro di studio perché ti fa focalizzare su alcuni dettagli salienti durante la fase di realizzazione di un brano, ma di certo l’esibizione live è capace di creare quel particolare “stato d’arte”, la magica alchimia, che solo attraverso la sinergia ed il contatto col pubblico si può manifestare.
Cos’hai provato la prima volta che sei salita su un palco per cantare?
Oddio ero piccola, ricordo solo che tutta quella gente che mi stava davanti mi aveva quasi fatto impietrire la voce, poi riuscii a trovare coraggio stringendo le mani dei ragazzini che erano accanto a me ed intonai la mia parte che era quella di solista. Dopo poco mi ritrovai a trascinare tutti dietro quel canto mentre la paura si era dissolta da sé nel coinvolgimento della musica.
Dal punto di vista sociale ed umano, cosa può fare una canzone?
Di sicuro rendere tutti una cosa sola… ognuno con la sua nota parte di un’unica infinita armonia.
Andrea Turetta